Al termine della Seconda guerra mondiale Milano è una delle città italiane più danneggiate e nei primi anni dopo il conflitto la ricostruzione è rallentata proprio dalla necessità di dare priorità alla rimozione delle macerie. L’attività costruttiva riprende quindi in modo deciso solo dal 1950, quando il capoluogo lombardo assume una posizione di traino per il settore edilizio nazionale. In questa situazione si aprono per i costruttori prospettive nuove e per affrontarle al meglio appare necessario ridefinire i tratti della propria organizzazione, a maggior ragione ora che, con la caduta del fascismo, è crollato anche il rigido inquadramento imposto dal regime a ogni libera espressione rappresentativa. A Milano la ricostituzione di un’organizzazione libera di categoria avviene fin dall’aprile del 1945, grazie alla creazione di una consulta provvisoria che ha il compito di tutelare gli interessi della categoria, di promuovere la costituzione dell’associazione professionale e di provvedere alle pratiche relative alla predisposizione dello statuto. La consulta non opta per un’adesione “di massa” dei costruttori edili all’Associazione industriale lombarda, ma sostiene la formazione di un ente giuridicamente indipendente e operativamente autonomo per assegnare alla nascente organizzazione un posto ben definito all’interno del panorama industriale italiano. Si costituisce così, il 26 luglio 1945, una nuova associazione di categoria, il Collegio lombardo delle imprese edili ed affini, che l’anno seguente diventa il Collegio delle imprese edili ed affini della provincia di Milano. Poiché il Collegio e Assolombarda attribuiscono grande importanza alle relazioni sindacali, nell’aprile del 1946 stabiliscono, in via sperimentale, un accordo di collaborazione in base al quale il primo assume la funzione di sindacato di categoria della seconda, «prendendo atto che l’Associazione stessa considererà ad essa associate anche tutte le imprese attualmente aderenti, e quelle che in avvenire aderiranno al Collegio e che quindi passerà al Collegio i propri soci edili (col loro consenso) e in avvenire non accoglierà soci edili se non attraverso il Collegio Lombardo». Nello stesso periodo il Collegio entra in trattative con la Camera del lavoro per la firma del contratto collettivo di lavoro degli edili. Nel 1946, insieme alle organizzazioni sindacali viene riattivata e potenziata la Cassa Edile, sorta nel 1919, che diverrà un modello per tutta la categoria. Nel 1950 poi, facendo seguito alla stipulazione del contratto nazionale di categoria, il Collegio intavola trattative con i rappresentanti dei lavoratori per raggiungere un accordo in merito al contratto provinciale integrativo. Alla prima assemblea del Collegio sono presenti tutti i firmatari dell’atto costitutivo, oltre a 116 soci che hanno presentato domanda di ammissione, per un totale complessivo di 143 aderenti che rappresentano la componente principale del settore edilizio milanese.Il primo presidente del Collegio è Ambrogio Gadola, esponente di punta dei costruttori lombardi, sostituito negli anni seguenti da altri nomi storici del settore come Paolo Lodigiani (1947-1949), Bruno Chiesa (1949-1951) e Antonio Bassanini (1951-1954). Fin dai primi anni il Collegio si sforza di ampliare il proprio orizzonte operativo, proponendo agli altri collegi lombardi di dar vita a un organismo a giurisdizione regionale. Questa proposta, che anticipa di circa trent’anni la creazione del Centro regionale lombardo per l’edilizia, pur non ricevendo l’appoggio delle associazioni consorelle testimonia l’azione propositiva e di coordinamento svolta dall’organizzazione milanese che nel 1950 comprende ormai quasi il 70% delle circa 2.500 imprese attive nella provincia di Milano, risultando la più importante associazione provinciale di costruttori su scala nazionale. Da subito l’associazione punta decisamente in direzione del graduale miglioramento e ampliamento dell’offerta di servizi destinati ai soci, soprattutto di natura informativa e di assistenza tecnico-legale. E poiché al Collegio aderiscono prevalentemente imprese di piccole dimensioni si privilegia un servizio di consulenza a loro dedicato, in modo che possano contare su un referente qualificato a supporto della propria attività imprenditoriale. Testo di Enrico Berbenni, 2013 |
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