Innocenti*

di  Antonella Bilotto

Fine Ottocento – le origini

Originaria della Toscana, la famiglia Innocenti faceva perno sull’attività di fabbro ferraio di Dante Innocenti che a fine Ottocento riuscì anche a commercializzare i propri prodotti in due botteghe del Grossetano. Ancora adolescente e studente della scuola tecnica, il figlio Ferdinando, insieme al fratellastro Rosolino, nel 1906 cominciò a collaborare col padre proprio nelle Ferramenta Innocenti.

Anni ‘20

Uno spiccato spirito imprenditoriale lo portò a sviluppare una buona attività commerciale attraverso lo scambio di rottami in ferro, provenienti da cantieri toscani bonificati, con olio lubrificante poi rivenduto. Tale attività permise a Ferdinando di accumulare un discreto patrimonio e di cominciare a maturare l’idea di trasferirsi a Roma. Investì però il suo patrimonio nella Banca italiana di sconto, di lì a poco posta in liquidazione. Decise comunque di fare il salto su Roma dove nel 1923 impiantò una piccola rivendita con magazzino di tubi in acciaio del tipo Mannesman prodotti dalla Dalmine. Nel giro di soli tre anni cominciò anche a “lavorare” i tubi fino a costruire manufatti tra cui balaustre e balconate. È così che la Fratelli Innocenti (a cui partecipava anche Rosolino) produceva e commercializzava a Roma strutture e componenti per l’edilizia in un momento in cui il Fascismo stava procedendo a un radicale ammodernamento soprattutto della capitale.

Anni ‘30

Lo studio delle applicazioni dei tubi di acciaio e il legame forte con i vertici di Dalmine portarono Ferdinando ad intravvedere l’opportunità di acquisire un brevetto della Scaffolding per la produzione di un morsetto per il montaggio dei tubi. Fu proprio quel “giunto” che permise un utilizzo differente dei tubi, ove essi non erano più utilizzati come “conduttori” di sostanze al loro interno, bensì come strutture per l’edilizia. Ancora oggi li chiamiamo “tubi innocenti”, riferendoci alle impalcature metalliche di facile montaggio e smontaggio! Proprio per questa nuova produzione la Fratelli Innocenti impiantò nel 1933 uno stabilimento a Milano, in zona Lambrate, creando una società parallela dal nome “Innocenti – Società generale per l’industria metallurgica e meccanica”. In contemporanea pure la forma giuridica e il nome dell’azienda romana mutarono in “Fratelli Innocenti Società anonima per applicazioni tubolari in acciaio”. Oltre ai due stabilimenti produttivi (Roma e Milano) la Innocenti possedeva nove filiali in Italia.

Anni ’40 – anni ‘50

Le vicende della Innocenti erano, quasi come un’ovvietà, legate a quel produttore leader di tubi in acciaio che era la Dalmine. Fino ad allora i rapporti erano stati molto benevoli e stretti ma a fine anni Trenta la Innocenti ambiva a diventare produttore in proprio: era il completamento di un’attività che legava due componenti primari. Nonostante i buoni rapporti con il governo fascista, i vertici Dalmine, ora di proprietà IRI e Finsider, puntavano a mantenere questa dipendenza. L’impasse fu superato attraverso una convenzione nel 1941 che attribuì alla Innocenti la gestione del nuovo stabilimento produttivo ad Apuania della SAFTA di proprietà al 49,98% di Finsider e al 49, 98% di Innocenti (la parte rimanente era in capo a Agostino Rocca). Già con la Campagna in Etiopia e con l’intervento in Spagna, ma in maniera determinate con la II Guerra mondiale, la produzione della Innocenti si era rivolta al settore bellico (dai proiettili, agli anelli per le granate in rame fino ai bossoli in acciaio). Se nel 1941 si contavano 3.000 dipendenti, nel 1943, nonostante la guerra, se ne impiegarono ben 7.000.
Il piano di riconversione post bellico non fu attuabile immediatamente dato che lo stabilimento di Lambrate era stato requisito dalle Forze Alleate. Ma di lì a poco, nel 1946, si avviarono le nuove attività indirizzandole verso la produzione di un veicolo popolare da un lato e verso la costruzione di macchinari siderurgici e industriali dall’altro. Sempre rispolverando il legame con la Dalmine e Finsider, Ferdinando Innocenti riuscì, in uno scambio di cessioni di attività (tra cui tubi e ponteggi) e quote societarie, ad avere un ampio pacchetto azionario proprio di Dalmine di cui divenne anche amministratore delegato.
Era il 1948 e solo due anni dopo ne uscì dimissionario, dopo un periodo caratterizzato da grandi dissapori. Si concentrò nuovamente sui propri impianti di Apuania e Lambrate. Proprio a Milano nel 1948 aveva cominciato ad essere prodotta in serie la Lambretta, un tubo con due ruote, veicolo a basso costo se paragonato ad un’automobile ancora riservata a un’utenza tutt’altro che popolare.
Nel 1953 il Politecnico di Milano conferì a Ferdinando Innocenti la laurea honoris causa in ingegneria per i suoi meriti creativi nelle applicazioni all’industria meccanica. Sono anni di continui successi.
Il boom produttivo della Lambretta si individua proprio a partire dai primi anni Cinquanta: da Lambrate nel 1953 ne escono 120.000 unità. Di lì a poco un’altra “fortuna”: Ferdinando Innocenti ricevette una commessa strabiliante per la costruzione di uno stabilimento per la produzione di acciaio dal governo venezuelano (1955), una commessa da 350 milioni di dollari.

Anni ‘60

Con gli anni Sessanta il desiderio del figlio Luigi convinse, seppur a fatica, il fondatore della Innocenti a rivolgersi anche al mercato delle automobili. D’altra parte il momento economico favorevole dell’azienda sia per il successo della Lambretta che per l’affare venezuelano permetteva “sperimentazioni” e il rischio di mettersi in concorrenza con la recente popolarità della Fiat 500. Dopo vari tentativi di partenariato, la Innocenti puntò verso la produzione su concessione della British Motor Corporation, costruendo su licenza la Austin A40 e successivamente altri modelli e versioni.
Nel 1966 Ferdinando Innocenti però morì all’età di 75 anni. Subentrò alla guida dell’azienda il figlio Luigi che ne era vicepresidente dal 1958.

Anni ’70 e il declino

Non fu solo la morte del fondatore, ma una combinazione sfavorevole fatta di agitazioni sindacali, scioperi, calo di interesse per lo scooter oltre alla mai decollata progettazione autonoma di una autovettura, a portare la Innocenti verso il declino degli anni Settanta. Luigi Innocenti non seppe approfittare dell’interesse di Fiat e di Volkswagen all’acquisto degli stabilimenti di Lambrate sperando in una ripresa aziendale che non arrivò mai. Fu così che tra il 1971 e il 1972 gli stabilimenti Innocenti furono venduti per la parte di macchinari e edifici. L’attività auto venne rilevata dalla Leyland che continuò per un certo periodo a produrre a Lambrate, il settore scooter venne acquistato dalla Scooters India Ltd mentre la meccanica pesante passò alla Sant’Eustacchio trasformandosi in INNSE.

*[il profilo viene redatto attraverso una sintesi dal volume di Vittorio Tessera, Innocenti. Lambretta, 1995 e dalla voce “Ferdinando Innocenti” a cura di Valentina Fava dell’Enciclopedia Treccani].